Di carta, di segni, di carne
Testo critico
Il percorso che ha portato alla realizzazione di “Di carta, di segni, di carne” si è svolto all’interno del mio spazio abitativo, prendendo in esame i componenti del mio nucleo familiare, con le loro differenti personalità che si riflettono negli oggetti, nelle abitudini e nella loro calligrafia. Una convivenza complessa e stratificata che ha visto partecipe ognuno di noi.
Laddove lo spazio a disposizione è risultato ristretto, ho trovato linfa fresca indagando e ricostruendo nuove viste, nuovi percorsi e soprattutto cercando un nuovo terreno di indagine, mettendo in comunicazione la realtà con gli elementi che raffigurano il reale. Nuovi paesaggi, nuovi corpi ed occhi che da una parte hanno evidenziato i nostri limiti e dall’altra hanno rappresentato le necessità e le proiezioni che ognuno di noi elabora continuamente, come quella di pensarci altro, con altre esperienze, una sorta di ampliamento del nostro vissuto. Sentimenti, esigenze e speranze, fattori senza una forma fisica, che però possono materializzarsi ovunque e in ogni cosa.
L’indagine interna ed interiore dialoga con l’esterno attraverso le viste di paesaggio visibile dalle finestre. Quel paesaggio sempre immobile rimanda alle rappresentazioni dei quadri appesi alle pareti, ma la loro fissità offre viaggi differenti e le sensazioni che ne scaturiscono si fondono.
Tramite il disegno, la pittura e la grafica, sono emerse nuove figure che reclamano la loro presenza nello spazio abitativo. Reale e raffigurato convivono con l’imprecisione segnica della Polaroid a ribadire un immaginario e un vissuto che andrà delineato o lasciato svanire, a seconda delle necessità di ognuno di noi.